12 febbraio 2015

Steven Adler - "My Appetite for Destruction" (Chinaski ed. 2011)

E' passato qualche anno dall'uscita di questa interessante autobiografia, ma non mi decidevo mai ad acquistarla. Eppure l'epopea di un gruppo come i Guns n'Roses, soprattutto nei primi anni della loro attività, dovrebbe essere di sicuro interesse per un amante del genere rock, oltretutto per gli eccessi legati a questo genere di vita... La confessione di Steven Adler in questo libro non fa eccezione; le sue memorie contengono quanto di più depravato ci si possa aspettare da uno che negli anni 80 ha preso parte alla formazione di uno dei gruppi più geniali di tutto il panorama hard rock.
Passato per un'infanzia difficile (davvero pochi di questi personaggi ne hanno avuto una normale! nda), in quanto ragazzo problematico in bilico tra due famiglie, quella della madre e del patrigno, a cui deve il nome (il vero padre era un italiano immigrato, di nome Coletti, subito sparito dalla circolazione), l'altra degli affettuosi nonni materni, a cui Steven deve quasi tutto, il giovane Adler, da teppistello e perdigiorno incallito, si fa influenzare dalla musica e dalla batteria. Scopriamo la sua amicizia con Slash, l'incontro con gli altri ragazzi dei Guns, i primi concerti ed i loro primi successi. La lingua di Steven non ha mai freno e ne ha per tutti. Pur ammettendo le sue colpe in tarda età, i suoi dissidi con la band li imputa al tradimento di questi nei suoi confronti, senza che ne venga data una ragione plausibile riguardo al loro comportamento. Ma prima di questo entriamo, grazie ai suoi racconti, all'interno dell'universo dei GNR tra tour con grandi band (Aerosmith, Iron Maiden, Motley Crue), eccessi di natura stupefacente e sessuale (Adler non si risparmia in descrizioni, talvolta piuttosto dettagliate, di orge e vari menage compiuti anche con altri musicisti, vedi quella con Nikki Sixx), litigi di varia natura, la maggior parte imputabili all'egocentrismo maniacale di un certo Axl Rose. E nelle sue parole Steven appare sempre come uno sfigato di successo, un perdente di natura in cui il solo responsabile delle sue disgrazie è sempre, soltanto lui!
Dopo esser diventato un dio del rock, la sua cacciata dai Guns n'Roses, per colpa soprattutto del suo miglior amico Slash, lo porta in un vortice di disperazione e rabbia. Adler passerà due decenni della sua vita in bilico tra la depressione e la morte, attraversando momenti di rara lucidità a momenti di pura agonia. Ne esce fuori il racconto di una vita da tossico, compresi vari ricoveri in ospedale, colpi apoplettici, overdosi (28, da lui dichiarate), tre tentativi di suicidio e un paio di arresti. Ancora oggi, pur essendosi riappacificato con i suoi ex compagni e forse con se stesso, formato una nuova band (gli Adler's Appetite) e trovato un nuovo amore, Steven sa di essere una persona ancora schiava della dipendenza, un sopravvissuto del rock n'roll.
Analizzando questo libro, non possiamo non venire alla conclusione che tutto quello di cui Adler ci racconta derivi sostanzialmente da un suo punto di vista personale, sicuramente molto di parte. La versione degli altri membri riguardo la sua esclusione dal gruppo risulta ben diversa, dunque non si ha la possibilità di capire da che parte penda effettivamente la bilancia della verità. Dovremo fidarci delle memorie di un tossico, smentite dalle altre biografie dei suoi ex compagni, a loro volta tossici? L'universo dei Guns è sempre stato ambiguo, come ambigua a maggior ragione è la figura del suo leader storico, il capriccioso Axl Rose.
Non è certo una delle migliori biografie che abbia mai letto. Ma per chi è appassionato di storie rock e di eccessi ("sesso, droga e guns n'roses", recita il frontespizio di questo libro) non deluderà di sicuro. Aspettiamo soltanto la storia di Axl, se mai troverà il tempo e la voglia di scriverla...

Voto: 7,5

P.S: nei ringraziamenti a fine libro ci sono tutti, tranne, stranamente, Slash!



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