13 novembre 2018

Armored Saint (Milano, Legend Club 11.11.2018)

Che dire: ci sono quelle volte in cui fai una trasferta da casa tua fino al luogo del concerto, macinando chilometri all'andata e al ritorno perchè l'indomani ti devi alzare presto e devi andare al lavoro. Dormi tre ore scarse, ma sei rientrato tardi dal viaggio con un sorriso sulle labbra, conscio di aver assistito ad uno dei migliori concerti della tua vita.
Se qualcuno, venti anni fa, mi avesse predetto che un giorno sarei riuscito a vedere gli Armored Saint dal vivo, vivendo in un'isola così lontana dalle locations in cui andavano a suonare tutti i tuoi gruppi preferiti, lo avrei preso sicuramente per un pazzo! Eccomi qui, invece, davanti a John Bush e a Jeff Duncan, in prima fila proprio davanti ai Saint. In dieci anni ho recuperato tutta una vita di concerti persi e ancora mi sto dando da fare per colmare una lacuna che mi porto dietro da sempre. Ma un colpo come questo lo ricorderò per molto tempo...
Legend Club, Milano. Hanno rifatto i bagni e soprattutto il palco dall'ultima volta che sono stato qui, precisamente ad un live degli Helmet. Lo stage ora è piuttosto largo, anche se potevano farlo ancora un po' più alto. Il caldo però è insopportabile, tanto che le pareti trasudano umidità e sono fradice. Poco male! Vedere John Bush in azione è qualcosa di unico, alla faccia della location bollente e di tutti i chilometri macinati in una sola notte.

Il primo gruppo a salire sullo stage sono gli italiani Athrox. Gruppo onesto, anche se devo essere sincero la mia attesa è tutta per gli headliner. I ragazzi hanno un sound potente, ma i Saint sono tutt'altra roba. Finalmente, poco dopo le 22, la band sale sul palco. Gli anni sono passati: i capelli sono lunghi ma grigi, le pance sono raddoppiate come le rughe sui loro volti. Soltanto John Bush sembra ancora un ragazzino: cranio rasato, pantalone nero da tuta ricamato e camicia rossa, che si toglierà soltanto durante gli ultimi pezzi del set. Si parte con tre canzoni dai loro primi tre album, con la mitica "March of the saints", vero e proprio inno di gioventù. Bush prende subito la scena, iniziando a scuotersi per tutto il palco e non perdendo una sola nota. La sua voce è rimasta intatta nonostante l'età che avanza, il che rende ancor più salda la mia opinione sul fatto che sia il cantante metal per eccellenza, mi perdonino i mostri sacri Halford e Dickinson per questa affermazione. Il repertorio dei Saint vocalmente non è certo così facile, ma John sta sul pezzo e nonostante stilli sudore da tutti i pori per quasi due ore, ci regala una performance impeccabile. Anche il resto della band è in forma: la sezione ritmica composta da Joey Vera e Gonzo Sandoval è una macchina perfetta, le due chitarre macinano riff ed assoli come uno schiacciasassi! Siamo vicini alla perfezione, ammettiamolo!


Dopo i primi tre pezzi di apertura, Bush ci introduce verso l'esecuzione completa del loro quarto lavoro "Symbol of salvation", grande album, con tutti i suoi tredici pezzi. Soltanto il trittico "Reign of fire", "Dropping like flies" e "Last train home" vale il prezzo del biglietto. Buon power metal americano, portato al suo massimo livello. Tanti, troppi momenti dello show da ricordare, come l'esecuzione di "The truth always hurts" o "Another day", quest'ultima dedicata alla memoria dello sfortunato chitarrista David Prichard. Bush non si risparmia nemmeno quando, durante l'esecuzione della title track, scende in mezzo alla folla del Legend e conclude la canzone in mezzo a loro. L'ex Anthrax è sempre in vena di scherzare con il pubblico; non è solo un eccelso cantante, ma anche un grandissimo frontman.

Conclusa l'esecuzione di "Symbol..." la band fa a meno di uscire dal palco e conclude lo show con tre grandi pezzi: "Win hands down", "Can U deliver" e la trascinante "Mad House". Sono quasi due ore, ma è un delirio. La folla è entusiasta, conscia di aver assistito ad un grande concerto. I Saint salutano il pubblico del loro primo show a Milano, dopo tantissimi anni di carriera con alti e bassi, pause e numerose vicissitudini. Non rimane che ritornare a casa, pregando magari di rivedere ancora una volta una delle band più sottovalutate e sfortunate (dal punto di vista commerciale. nda) del pianeta.


Setlist

March of the Saint
Long Before I Die
Chemical Euphoria

Symbol of Salvation
Reign of Fire
Dropping Like Flies
Last Train Home
Tribal Dance
The Truth Always Hurts
Half Drawn Bridge
Another Day
Symbol of Salvation
Hanging Judge
Warzone
Burning Question
Tainted Past
Spineless

Win Hands Down
Can U Deliver
Mad House

Nessun commento:

Posta un commento

Per colpa delle solite zecche che offrono prestiti, mi trovo costretto a visionare ogni commento. Sorry!